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ANCORA SULLA RESPONSABILITA’ DELLE PERSONE GIURIDICHE …

Come noto, la responsabilità della persona giuridica ex d.lgs. 231/01 sorge in occasione della realizzazione di determinate fattispecie di reato (c.d. reato-presupposto) da parte di soggetti della scala gerarchica aziendale, solamente nel caso in cui la condotta criminosa sia stata realizzata nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica stessa. Quale sia, però, la portata effettiva dei termini “interesse” o “ vantaggio”  e l’interpretazione autentica del loro significato  ha indotto da dubito dispute in dottrina e giurisprudenza. La sentenza del 4 marzo 2014, n. 10265 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione è intervenuta sul punto precisando che, una volta che sia provato il vantaggio per la persona giuridica, perché ne sussista la responsabilità non è necessario che l’autore del reato abbia anche voluto perseguirne l’interesse, né è richiesto che il dipendente o manager sia stato anche solo consapevole di realizzare tale interesse attraverso la propria condotta. La persona giuridica è dunque responsabile ex d.lgs. 231/2001 se viene provato che ha ricavato un vantaggio dal reato commesso dal dipendente, anche ove non sia stato possibile determinare l’effettivo interesse vantato dall’Ente ex ante alla consumazione dell’illecito. In conclusione:  se, da un lato, l’interesse del dipendente autore del reato può coincidere con quello della persona giuridica, la responsabilità di questa sussiste anche quando, perseguendo il proprio autonomo interesse, l’agente realizzi in via oggettiva anche quello della persona giuridica. L’unica ipotesi in cui ciò non si verifica è quella in cui si accerti che il reato sia stato commesso nell’esclusivo interesse del suo autore persona fisica, o di terzi.

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