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CHIARIAMO L’EQUIVOCO DEL “BARATTO FISCALE”

In questi giorni si sta parlando molto del c.d. “baratto fiscale”. Molti sembrano però avere frainteso il testo della norma, facendo passare l’istituto per una banale alternativa al “pagare le tasse” agli Enti Locali…. In realtà, non è proprio così…. Certamente, come noto, l’art. 24 (Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio) d.l. 133/2014, convertito con l. 164/2014, prevede che i Comuni possano definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi – che devono perseguire finalità di interesse generale – possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso di aree e beni immobili inutilizzati. In altre parole, per usufruire della riduzione/esenzione deve esserci alla base un progetto strutturato e rispondente a specifiche finalità, nel rispetto dei requisiti soggettivi richiesti dall’Ente. Insomma, dal tenore letterale della normativa, non basta che un soggetto qualunque sistemi due aiuole! Con buona pace dell’applicazione concreta che qualche Comune ne ha fatto… L’articolo cit. precisa, infatti, che le riduzioni saranno concesse “prioritariamente” a <<comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute>>.

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